Allestimento di palloncini per la festa della Repubblica
Palloncini Tricolore
Mongolfeire tricolore
2 giugno 1946: «È nata la Repubblica
Italiana»
"È nata la Repubblica Italiana": con questo titolo
freddamente cronistico, studiato per non urtare la sensibilità
dei suoi eterogenei lettori, all'indomani del referendum
istituzionale del 2 giugno 1946, il Corriere della Sera
annunciava che l'Italia aveva mandato in pensione la monarchia.
Il risultato era netto, anche se ancora ufficioso e inferiore
alle aspettative dei repubblicani: 54,3 voti validi su cento
avevano detto sì alla svolta, gli altri 45,7 si erano espressi
perché Umberto II, incoronato re meno di un mese prima, restasse
sul trono.
Ma davvero vinse la repubblica? A 61 anni dal referendum che
sancì il divorzio tra l'Italia e Casa Savoia, il suo risultato
fa ancora discutere. I monarchici lo contestarono subito,
parlando di brogli e lamentando che parte della popolazione era
stata esclusa dalle urne. I supporters della corona non
accettavano la sconfitta, anche perché avevano sperato molto
sulla staffetta in zona Cesarini tra Vittorio Emanuele III, il
re screditato degli anni fascisti, e Umberto II, sovrano più
presentabile, che con Mussolini non era mai andato d'accordo.
Tutti i ricorsi dei monarchici per annullare il voto furono
respinti dalla Cassazione; ma certi argomenti da loro addotti
erano tutt'altro che banali. Uno, soprattutto: non tutti gli
italiani avevano potuto votare. Infatti nel 1946 i confini
post-bellici non erano stati ancora definiti e Roma non aveva
riacquistato la sovranità su tre province (Bolzano, Trieste e
Gorizia), amministrate dalle truppe alleate. Così altoatesini e
giuliani non poterono votare. Idem migliaia di prigionieri che,
13 mesi dopo la fine delle ostilità, non erano ancora tornati a
casa.
Secondo stime monarchiche, tutto ciò si era tradotto nella
cancellazione di circa tre milioni di voti potenziali: cioè ben
di più dello scarto con cui la repubblica aveva vinto
(1.998.639). Dunque, almeno in teoria, il voto dei prigionieri e
delle province "ibernate" avrebbe potuto cambiare il risultato;
anche se è difficile pensare che i reduci dei lager (in parte
internati dai tedeschi dopo l'8 settembre 1943 e poi rimasti in
prigionia per non aver voluto aderire alla Rsi) avrebbero votato
in massa per i Savoia, corresponsabili della loro malasorte.
Quanto alle tre province, pare altrettanto improbabile che gli
altoatesini, in maggioranza di lingua tedesca, fossero a favore
di una monarchia che aveva avallato la politica fascista di
italianizzazione "forzata" della regione. Un dubbio più che
ragionevole può esistere invece per la Venezia Giulia, dove
l'occupazione jugoslava del 1945 aveva lasciato pessimi ricordi
e diffusi sentimenti anti-comunisti, che potevano facilmente
diventare anti-repubblicani. Il Pci era infatti (con Psi e Pri)
un deciso sostenitore della svolta istituzionale.
Certo che, se la Venezia Giulia avesse davvero scelto la
monarchia, sarebbe stata una mosca bianca. Infatti tutte le
regioni del Nord (ivi comprese Toscana, Umbria e Marche)
votarono compatte per la repubblica. Persino il Piemonte, terra
sabauda per eccellenza, umiliò la casa regnante, assegnando alla
monarchia solo il 43,1% dei suffragi. Speculare fu il risultato
nel Sud, dove tutte le regioni si espressero per la riconferma
dei Savoia. Era una spaccatura netta del Paese, disegnata più su
basi geografiche che di schieramento politico.
Abilissima a sfruttare la situazione fu la Dc di Alcide De
Gasperi che, intuendo in anticipo il fenomeno, lasciò libertà di
voto ai suoi elettori, riuscendo così a prendere due piccioni
con una fava: cioè a saltare sul carro dei vincitori e a fare il
pieno di voti, anche nelle aree monarchiche del Sud, per i suoi
candidati all'Assemblea Costituente, eletti in contemporanea al
referendum. Fu allora che il partito cattolico, destinato a
governare l'Italia per decenni, divenne la prima formazione
politica del Paese, forte di 207 deputati su un totale di 566.
Ben diversa era la posizione delle sinistre, che sulla cacciata
dei Savoia avevano scommesso tutto: "O la repubblica o il caos"
amava dire in campagna elettorale Pietro Nenni, segretario del
Psi. E lo slogan era diventato un boomerang, perché molti
l'avevano letto come una minaccia di tumulti in caso di
sconfitta. Tanto che poi lo stesso Nenni, dalle colonne
dell'Avanti, organo del partito, si era sentito in dovere di
rassicurare: "Nulla accadrà, nulla deve accadere!". In effetti,
nulla accadde. O almeno, nulla di visibile.
Dietro le quinte, però, qualcosa potrebbe essere successo
davvero. Come detto, i monarchici gridarono subito ai (presunti)
brogli. Il dubbio nasceva dal fatto che i primi seggi-campione
davano per vincente la monarchia (si dice che un'informativa in
tal senso fosse stata trasmessa dal Comando carabinieri
addirittura al papa Pio XII); ma poi le sorti si ribaltarono,
come se qualcuno avesse aggiunto migliaia di schede "tardive",
tutte repubblicane. L'accusa non fu mai provata, ma negli
storici qualche dubbio residuo è rimasto.
Cinque anni fa il "giallo" è stato riaperto da un protagonista
di quei giorni, che monarchico non era affatto: il
giornalista-scrittore Massimo Caprara, già segretario del leader
del Pci Palmiro Togliatti, poi co-fondatore del Manifesto,
infine approdato a Forza Italia. Secondo Caprara, a scrutini in
corso Togliatti (che era ministro della Giustizia) avrebbe
indotto il presidente della Cassazione dell'epoca, Giuseppe
Pagano, a ritardare la diffusione dei risultati. Scopo della
manovra: dare il tempo a qualcuno di inserire le schede tardive
e "mirate".
Vero? Falso? Probabilmente la storia dei presunti brogli resterà
un tormentone irrisolto. Ma due cose sembrano certe. La prima:
lo stesso Togliatti si lasciò scappare una frase sospetta ("I
parti difficili vanno aiutati"). La seconda: De Gasperi, allora
capo del governo, ancor prima che la Cassazione si pronunciasse,
dichiarò perdente la monarchia e diede il benservito al re, come
se contasse su un risultato strasicuro. Così, dopo un parto che
forse fu cesareo, il Corriere poteva annunciare: "È nata la
Repubblica Italiana".
Tratto da: ILSOLE24ORE.COM > Notizie
Cultura e Tempo libero
Allestimenti, addobbi e decorazioni per feste e
party